CREUZE n 21 - Allarme meteo - di Federico Valerio

Il 19 gennaio 2014, sia Genova che Bogliasco erano in allerta meteo, al primo livello, quello più basso. Nel corso di quella giornata, il pluviometro di Sant’Ilario, il più vicino a Bogliasco, ha registrato 175 millimetri di pioggia. Contemporaneamente a Premanico

(valle Sturla) e a Genova, in viale Brigate Partigiane, si registravano, rispettivamente, 90 e 20 millimetri di pioggia. La frana di Capolungo e la tragica morte del dottor Kassabji, di ritorno da una visita sulle alture di Bogliasco e travolto dall’onda di piena di un modestissimo torrentello sulle alture del paese, dimostrano l’importanza di questa diversa distribuzione delle piogge, a pochi chilometri di distanza.

 

 

Una situazione simile e più drammatica si era presentata il 4 novembre 2011, con tutta Genova in allerta meteo, questa volta al secondo livello, quello massimo. Quel giorno, a Quezzi, nel bacino imbrifero del torrente Fereggiano, si registrarono oltre 500 millimetri di pioggia, 330 mm a Gavette (lungo il torrente Bisagno), al Forte Castellaccio, sulle alture di Genova, 136 mm. Anche in questo caso, trovarsi, nell’ora di massima intensità di pioggia, in una strada di Genova piuttosto che in un’altra, anche all’interno dello stesso quartiere, ha fatto la differenza tra la vita e la morte. I meteorologi definiscono eventi di questo tipo come “flash floods”, alluvioni lampo.

 

In Liguria, “alluvioni lampo”, molto localizzate, con piogge intense di breve durata, si sono avute anche a Sestri il 4 ottobre 2010 (410 mm), a Brugnato il 25 ottobre 2011 (530 mm), a Carasco il 21 ottobre 2013 (160 mm). Lasciamo agli esperti confermare la nostra sensazione che piogge di questo tipo e di tale intensità siano sempre più frequenti ma, in ogni caso, la perdita di 22 vite umane, che ha accompagnato questi eventi, richiede un rapido ripensamento delle modalità di allertamento della popolazione. Non ci sono dubbi che le previsioni, alla base delle allerta meteo e del loro livello di pericolosità, siano attendibili, ma inevitabilmente i modelli di calcolo non riescono ad individuare, con adeguata precisione, le aree che si troveranno sotto “attacco meteo”, quelle dove l’intensità delle piogge sarà maggiore. Certamente, come si è cominciato a fare a Genova, bisogna segnalare tutte le aree esondabili con una opportuna cartellonistica e farle conoscere alla cittadinanza, con costanti campagne informative.

Ma occorrono anche nuovi strumenti in grado di allertare, in modo mirato e in tempo reale, le popolazioni che si trovano nelle aree dove è maggiore l’intensità della pioggia e dove è imminente un’esondazione. Una rete integrata di pluviometri e di sensori in grado di misurare l’altezza dell’acqua nei torrenti potrebbe essere in grado di individuare, con precisione, le località in cui sia imminente l’arrivo dell’onda di piena e, contemporaneamente, potrebbe attivare segnali luminosi e sonori, posizionati nelle aree a rischio. La tecnologia per allestire una rete di allarme meteo di questo tipo esiste già. E oggi sarebbe anche possibile affiancare alle postazioni di allarme fisse l’invio automatico di SMS di allarme a tutti i cellulari che si trovano nelle aree a maggior rischio, invio attivato in base alle informazioni fornite dalla rete dei sensori. Ricevuto il segnale di imminente pericolo di vita, ognuno dovrebbe sapere cosa fare: allontanarsi rapidamente dal corso d’acqua, salire al terzo piano di casa, tenere gli alunni nelle scuole, aspettare in posto sicuro che passi l’ondata di piena. La realizzazione di questo tipo di allarme e una costante opera di informazione, potrebbero ridurre drasticamente la possibilità che, durante la prossima “alluvione lampo” che colpirà la Liguria, ci si possa trovare nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

 

 

E la prevenzione potrebbe essere ancora più efficace se si introdurrà, come negli USA in caso di tornado, anche il terzo livello di allerta meteo, quello in cui esiste un elevato pericolo di perdita di vite umane.