CREUZE n 21 - Marco Doria a Pieve Ligure sulla città metropolitana - di Massimo Quaini

Poiché entro la fine dell’anno la vecchia Provincia dovrà lasciare posto alla “Città metropolitana” che si estenderà da Cogoleto a Sestri Levante, dal mare alla montagna appenninica, e che verrà governata dal Sindaco di Genova (oltre che da un consiglio metropolitano e da una conferenza metropolitana), memorie&progetti ha invitato il 28 marzo proprio Marco Doria a raccontarci,

in una sala affollatissima della Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso di Pieve Alta, che cosa comporterà questa “svolta” per il cittadino.

 

 

Sarà una “svolta buona”? Sembra di sì, ci ha raccontato Doria. Innanzitutto dal punto di vista del risparmio della spesa pubblica e dell’efficienza amministrativa. Uno dei compiti della Città metropolitana sarà nel campo della pianificazione territoriale e in particolare nella formazione del Piano strategico del territorio metropolitano che è l’atto di indirizzo per la pianificazione di tutti gli enti locali che ne fanno parte. 

Su questi punti la posizione di Marco Doria è stata molto pragmatica e minimalista: “La Citta metropolitana è una provincia che cambia nome” e quindi – ha aggiunto il Sindaco – non cambierà nulla per i Comuni che rimarranno come prima in difficoltà e poco cambierà per i cittadini. Cambierà invece molto per il Sindaco di Genova quanto a impegno, anche se la riforma si giustifica, dunque, oltre che per ragioni economiche, anche per l’idea giusta di tenere conto del ruolo coordinatore di una grande città e della sua funzione di polo territoriale. Sempre secondo l’opinione di Doria, rimane il problema di dare reale sostanza ideale e politica alle enunciazioni della legge-quadro soprattutto nel campo del coordinamento e quindi della pianificazione territoriale che venendo meno il livello intermedio si deciderà soprattutto nel confronto tra Comuni e Regione. È quanto già accade nella vicenda del PUC di Genova, dove il dialogo anche piuttosto tempestoso si sta svolgendo fra questi due enti. Non è difficile, sulla base di questa stessa esperienza, pensare che il nuovo assetto, come avvenne già dopo la riforma del titolo V della Costituzione nei rapporti tra Stato e Regioni, genererà non poche controversie tra la Regione e la Città metropolitana, soprattutto sul Piano strategico.

Tutto questo, come il conseguente problema di ridistribuire le risorse finanziarie e il personale della Provincia, verranno discussi nel corso della preparazione dello Statuto del nuovo ente che andrà affrontato, a detta di Marco Doria, con lo stesso spirito che animò 60 anni fa i Padri Costituenti. È passato qualche mese dall’incontro, ma non sembra che queste necessarie discussioni si siano finora innescate oppure, se sono cominciate, sono rimaste chiuse nella stanze di una Provincia che ogni tanto ricompare sui media per esprimere la sua contrarietà su una riforma ormai irreversibile o le sue difficoltà a gestire le competenze rimaste.

Si verifica dunque il fatto che finora la riforma si è configurata come un processo autoritario, calato dall’alto, comunicato ai cittadini non per il suo vero significato e le sue reali conseguenze ma per effetti più o meno benefici in rapporto alla riduzione delle spese della politica. L’obiettivo di aumentare il tasso di efficienza, democraticità e partecipazione dei cittadini rimane come sempre sullo sfondo, troppo sullo sfondo.

 Credendo molto in questi valori “Creuze” intende riproporli vigorosamente e quindi pone al Sindaco di Genova e della futura Città metropolitana ulteriori domande:

 

-          può un Sindaco di una città complessa come Genova caricarsi anche del governo di un territorio enormemente più vasto e di una popolazione doppia rispetto alla sua? Come può mettersi in condizione di conoscere e provvedere a bisogni così diversi come sono quelli dei piccoli Comuni della montagna appenninica? E magari trovare anche il tempo di andare a Roma a partecipare ai lavori del nuovo Senato della Repubblica ridefinito Camera delle autonomie?

-          Come fare a rendere possibile la partecipazione di cittadini che avranno a che fare con amministratori dell’area vasta non eletti o comunque più lontani? Come tenere conto del criterio della sussidiarietà al quale ci richiama l’Unione europea?

-          Come cominciare a rendere più trasparente e accessibile la partecipazione di enti locali, associazioni, comitati alla discussione per la formazione dello Statuto che dovrà regolare questioni vitali per il territorio e comunque decidere sul grado di democraticità dell’istituzione?

Infine una proposta che fin d’ora sarebbe inseribile nello Statuto: favorire l’intercomunalità ovvero l’alleanza, al di là e ben oltre la già esistente regia unitaria su taluni servizi, tra Comuni appartenenti alla stessa valle o distretto omogeneo. Si darebbe più forza ai piccoli Comuni, soprattutto della collina e montagna interna che, malgrado i meccanismi previsti, rischiano di scomparire e di avere poca o nessuna voce in capitolo. Così hanno fatto i nostri più prossimi partner europei con grande vantaggio per il benessere delle loro popolazioni.

La Liguria e tutte le sue province sono compartimenti geografici che contengono al loro interno molte differenze di ambiente, di storia, di cultura e di società che devono essere salvaguardate come una grande ricchezza.